L'insostenibile leggerezza del linguaggio
Una lenta discesa verso l'abisso, dove a volte le parole sono rimpiazzate da muta quiete, a volte da fonemi ignoti. Oppure, tra i meandri dell'encefalo, un grigio impiegato ogni giorno compie il suo dovere barrando una parola dal dizionario, in stile 1984.
La rilettura del racconto "De Bello Salomonis" non ha fatto solo riaffiorare nella mia mente le reminiscenze dell'era Grest; mi ha soprattutto portato ad apprezzare la fantasia e la tecnica di uno scrittore appena 18enne, che si divertiva a trasmutare le peripezie giovanili in racconti iperbolici.
Lo stesso stile coinvolgente e il registro narrativo variegato e aulico, sembrano impossibili da riottenere, a distanza di 8 anni.
Come spiegare tale metamorfosi? Tutto ciò è scaturito da un soggiorno di più di due anni nel Barbaricum, nonostante l'inequivocabile avvertimento della mappa: "Hint sunt leones". Una finestra di vita senza esposizione verso la narrativa italiana, fu vera gloria?
Seppur con l'amarezza della avvenuta regressione, questa realizzazione mi porta ad una rinnovata motivazione verso la scrittura e un forte interesse a concludere i propri scritti con la parola "stelle".